An innovative concept of promotion of Sardinia
  
  
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Fuoco sotto la cenere: l’innovazione e la Sardegna

  • Tu di cosa ti occupi?
  • Sono un Innovation Manager.
  • Manager che? Figo comunque: cosa vuol dire?
  • Progetto e propongo alle imprese percorsi di innovazione sostenibili
  • Ah ok….ma lo sai che in Sardegna non funziona, vero?

Certo che lo so, me lo hanno ripetuto in tanti. Di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte le zone geografiche di questa isola ancora da capire.

Il punto è che non ci credo.

Non ci credo perché in Sardegna funziona eccome, da decenni, solo che preferiamo non vedere. Ci culliamo nella nostra granitica e rassicurante certezza di un’isola ferma, immobile, dove la vita scorre lenta e tradizionale, dove il lavoro di oggi si basa sui modelli di ieri, dove il cambiamento non attecchisce, dove le persone sono diffidenti.

Ma la Sardegna non è ferma, è trattenuta. Ci muoviamo a doppia velocità, terra di sperimentazione ma meno di sperimentatori, e i due vettori sommati ci danno questo aspetto di stasi apparente.

Ma non appena si gratta via la superficie, e con lei tutti i luoghi comuni che l’accompagnano, si scopre un’isola in fermento, che risponde alla lamentela comune del “non c’è mai niente da fare” con un brulicare di eventi e luoghi e persone che seguirle tutte diventerebbe quasi un lavoro.

Solo in questi ultimi mesi ho scoperto miriadi di piccole realtà che galoppano verso la crescita, nel mercato regionale e all’estero, che viaggiano, che conoscono, che fanno network, e tanti professionisti affermati, italiani e non, che di questa isola colgono aspetti che noi per inerzia e abitudine non vediamo.

Ho letto di imprese agricole che sono volate in Europa, Stati Uniti e Australia per imparare ad applicare nuovi tipi di processi e prodotti; ho sentito i manager di un’azienda di trasformazione agroalimentare raccontare di come trattare con i manager giapponesi; ho respirato la grandeur di una cantina che fa tesoro della sua memoria storica (e la ribalta nella qualità moderna dei suoi vini); ho ascoltato orgogliosa un agente di commercio raccontare come il software da lui programmato abbia oggi 1.000 download al giorno e richieste di sviluppo da tutte le parti del mondo; ho parlato con startupper che conoscono bene i trend di sviluppo globali e che adattano le loro imprese sarde al mercato non sardo, sognando il salto della loro impresa e della loro isola; ho visitato centri di ricerca all’avanguardia, che sviluppano tecnologie che finiranno chissà dove nel mondo; ho scoperto professori che hanno fatto della crescita dei giovani una missione, e che si ingegnano perché dalla scuola imparino il più possibile, convenzionalmente o meno; ho visto all’opera associazioni, anche di volontariato, che fanno educazione alla programmazione digitale per i bambini; ho visto video di emozionati candidati che presentano il proprio pitch dopo 54 ore di lavoro filato; ho vissuto l’emozione di chi si è attivato tramite il crowfunding per arrivare laddove il Pubblico non è arrivato; ho apprezzato l’entusiasmo di chi partecipa ad eventi con l’obiettivo di entrare in contatto con un’altra realtà che li aiuti a crescere, o anche solo a continuare a crederci; ho guardato stupita slide di dati che mostrano una Sardegna che cresce, e che lentamente ma inesorabile tende ad allinearsi alle regioni del centro, puntando a quelle del nord; ho conosciuto sardi che portano alto l’onore della Sardegna in giro per l’Italia e per l’Europa, raccontando l’altra faccia della nostra isola conosciuta per il mare e per uno strano rapporto numerico tra abitanti bipedi e ovini.

Certo, le contraddizioni ci sono: se da un lato la Sardegna ha dato i natali al primo sito web italiano, al primo service provider internazionale ed è la quarta regione con meno digital divide in Italia, dall’altro si lamenta la difficoltà di accedere alla rete e manca una reale educazione al suo utilizzo, perfino nell’utilizzo delle mail. O ancora: dall’anno scorso la Sardegna ha la prima destinazione turistica sostenibile del mediterraneo, riconosciuta dal Global Sustainable Tourism Council – GSTC (l’agenzia no profit che si occupa di turismo sostenibile in tutto il mondo e che opera all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Turismo – UNWTO) ma sebbene la nostra isola ospiti alcune delle più belle spiagge italiane l’incidenza del turismo sul PIL regionale è inferiore al 10%.

Lo sviluppo non è mai lineare, e ci sarà sempre una schizofrenia di fondo che trarrà in inganno occhi poco attenti, categorizzandoci come terra di agricoltori che vivono inconsapevoli su un’immensa fortuna. Ma il lavoro che una crescente community di innovatori continua a portare avanti con una orgogliosa testardaggine tutta nostrana ha segnato una strada nuova, fatta di innovazione tecnologica, finanziaria e sociale, incarnata in una concentrazione di imprese web, aziende agroalimentari e consorzi turistici, portali di crowdfunding e circuiti di monete complementari made in sardinia, visionari e innovatori che tengono viva la nostra isola, facendola conoscere nel mondo e portando il mondo in Sardegna.

A cercare bene sono ovunque, nascosti in un ufficio, in un blog o ancor meglio in un social network, spesso dietro a qualche processo di sviluppo da progettare, mappare, studiare, replicare, taggare e hashtaggare. Io sto iniziando ad aguzzare la vista e a identificarli tutti, in attesa di vederli nel loro habitat naturale a fine giugno e mentre faccio la mia parte per unirmi a loro, con un unico obiettivo: poter finalmente arrivare un giorno a sentir dire, da tutti e con convinzione, che in Sardegna l’innovazione è una roba che funziona.

Martina Littera

Fonte: http://www.sinnovasardegna.it