Nasce l’Erasmus del lavoro
Trecento euro per i colloqui all’estero, fino a 1200 per i trasferimenti. E arriva il “diploma comune” valido in più Paesi. Borse di studio per 2,2 milioni di studenti. Finanziamenti ampliati del 70%
Un Erasmus per il lavoro. Qualcuno lo chiama anche “Erasmus 2.0″ oppure, più prosaicamente, un grande ufficio di collocamento europeo. Ma è molto di più: risorse e progetti che l’alleanza tra scuola, università e agenzie per l’impiego mette in campo per fare studiare i giovani in Europa, con l’obiettivo finale di scovare il lavoro là dove esiste. “C’è un negoziato in corso per un piano europeo sul lavoro giovanile. – ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta, precisando che la proposta italiana sarà al centro del Consiglio dei ministri di mercoledì – Il negoziato in corso è molto duro sull’utilizzo immediato di risorse per i giovani che escono dalla scuola e devono entrare in contatto con il mondo di lavoro. Sarà una specie di Erasmus per l’occupazione”.
È “lavoro” la parola magica, sulla quale dovranno convergere non solo i piani specifici per agevolare l’occupazione giovanile, ma anche quelli che, come l’Erasmus, apparentemente si occupano d’altro. E quelli che, come “Your first Eures job” (il tuo primo lavoro Eures) sono nati invece con l’obiettivo specifico di aiutare i giovani a inserirsi. In effetti è proprio “Your first Eures job” ad essersi meritato l’appellativo di “Erasmus delle assunzioni”, analogo a quello usato ieri dal premier Letta. Il programma ha già una sua struttura, con tre cardini: i giovani, i datori di lavoro e i servizi per l’impiego. Tutte le aziende possono
partecipare al programma, ma solo le imprese con un massimo di 250 dipendenti possono beneficiare di un sostegno finanziario Ue. Mentre per i giovani lavoratori non c’è alcuna differenza, anche se il finanziamento verrà erogato solo se si ritiene che il colloquio all’estero abbia una concreta possibilità di successo. Nella prima versione di “Your first Eures Job” (quella 2012-2013) il contributo per il colloquio è di 200 o 300 euro a seconda che la distanza dalla propria città d’origine sia inferiore o superiore a 500 chilometri da quella in cui si fa il colloquio. Mentre il contributo per il trasferimento varia da Paese a Paese: si va da un massimo di 1200 euro per la Danimarca a un minimo di 600 euro per la Bulgaria.
Il lavoro acquisisce un ruolo fondamentale anche nell’Erasmus, che affiancherà alla tradizionale vocazione di supporto e internazionalizzazione degli studi quella di ponte con le imprese: dal 2014 si potenzierà sia dal punto di vista delle risorse (dovrebbero essere circa il 70% in più) che dei contenuti. Il nuovo “Erasmus for all” conta su una dotazione di 19 miliardi e riunisce tutti i vecchi programmi europei per i giovani (tra i quali anche Comenius e Leonardo da Vinci). Si rivolge a una platea molto più ampia del passato: la Commissione Europea pensa a cinque milioni di potenziali beneficiari. E si parte prima dell’università, dagli studenti delle scuole superiori per i quali sono disponibili finanziamenti per progetti di studi in almeno due istituti esteri, con l’obiettivo di un “diploma comune”. Le tradizionali borse di studio per l’università naturalmente ci sono, anche in misura maggiore che in passato: le potranno richiedere fino a 2,2 milioni di studenti. Riemerge l’esigenza di un avvicinamento diretto al mercato del lavoro nei contributi a 735.000 studenti che invece vogliano effettuare all’estero una parte della loro formazione professionale. Vengono finanziate le “alleanze della conoscenza” e le “alleanze di competenze settoriale” per incentivare l’innovazione e l’imprenditorialità, i “partenariati strategici” per promuovere lo scambio di esperienze e di know how. Finanziate anche le attività di volontariato per i giovani all’estero.
Che il lavoro sia il denominatore comune di tutte le iniziative per i giovani che la commissione sta mettendo a punto o rifinanziando in questi giorni, emerge anche dalle parole con le quali la commissaria per l’Istruzione, Androulla Vassiliou, ha presentato a suo tempo il “super-Erasmus”: “Un’esperienza di studio all’estero accresce le competenze delle persone, ne favorisce lo sviluppo personale, l’adattabilità e aumenta la loro occupabilità”.
Articolo tratto dalla Repubblica.it